Arte e Architetture di Talacchio
Lungo via Tellera si affacciano la chiesa di San Michele Arcangelo, l’antico palazzo dei Belanzoni (Opera Pia Balestrieri) e la residenza gentilizia dei Lazzari, con addossata la casa torre. Fuori dal paese, l’ex convento di San Girolamo, la villa casino Albani e il palazzo della vecchia miniera arricchiscono il patrimonio architettonico di Talacchio.
Dei nove edifici di culto, che un tempo erano presenti nel castello di Talacchio, resta solo quello intitolato a San Michele Arcangelo, documentato dal XIV secolo.
La chiesa attuale, di chiara impronta neoclassica e situata in luogo di quella medievale, è il risultato di ampliamenti e arricchimenti dell’arredo sacro, che risalgono alla seconda metà del Settecento.
L’odierna facciata corrisponde al lato destro del primitivo impianto bassomedievale.
L’interno presenta una pianta a croce latina, sulla quale si aprono lateralmente alcuni altari decorati in stucco, che custodiscono tele di epigoni barocceschi, eseguite nel XVII secolo e provenienti dalla perduta chiesa di San Rocco. Degna di menzione è la pala dell’altar maggiore, che rappresenta “San Michele Arcangelo”, tela attribuita a Claudio Ridolfi (1570 circa-1644).
Sopra l’ingresso insiste l’elegante cantoria, opera di Antonio De Luca, con dipinti sul parapetto, al centro della quale si trova un pregevole organo a sedici registri, con mostra e balconata superiore decorata con anfore (1826, Innocenzo Serafini).
Nella zona presbiteriale, sulla sinistra si segnala il pulpito con balcone dotato di baldacchino, mentre a destra un’epigrafe marmorea attesta che la chiesa venne rinnovata e consacrata nel 1823, su commissione dell’arciprete, discendente della nobile ed antica famiglia dei Belanzoni.
Una piccola porta, a destra dell’altare maggiore, immette in una stanza annessa alla chiesa, che corrisponde all’orientamento dell’antico tempio: lo rivela una nicchia rientrante, che un tempo ospitava l’altare maggiore della chiesa medievale.
Un’iscrizione marmorea, datata 1806, menziona che, per decreto della confraternita del Santissimo Rosario, venne inaugurato il teatro della famiglia Belanzoni, nelle ore in cui l’ingresso della chiesa restava chiuso. La porticina a destra del coro costituiva, infatti, un passaggio privilegiato della nobile famiglia all’interno del tempio. Il teatro parrocchiale venne decorato con affreschi in stile liberty, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Affacciato sulla strada, c’è l’ingresso principale del cinque-secentesco ex palazzo Lazzari, con il portone decorato da bugne, che attualmente occupa la canonica della parrocchiale, le cui stanze mostrano soffitti ornati con affreschi liberty di fine 1800-inizi 1900. La residenza signorile è completata da una casa-torre, addossata alla canonica, emblema del potere della nobile famiglia, purtroppo deturpata da una successiva merlatura posticcia.
Affreschi Liberty Palazzo Lazzari
EX CONVENTO DI SAN GIROLAMO
In vocabolo Cerreto, a poco meno di un chilometro ad est dal paese di Talacchio, lungo l’antica strada maestra che conduceva a Urbino, sorge l’ex convento di San Girolamo, costruito nel 1407, su commissione di un possidente di Talacchio, dal frate francescano Angelo di Corsica, che si legò poi ai girolamini del Beato Pietro da Pisa. Durante il XV secolo, il cenobio incrementò il suo patrimonio, grazie ad un cospicuo lascito di beni e terreni, da parte di Rengarda Malatesta, moglie del conte Guidantonio da Montefeltro.
Una lapide marmorea, che campeggia sotto al loggiato del convento, reca la data di consacrazione della chiesa nel 1476.
Con la soppressione degli ordini religiosi, voluta dal governo napoleonico, i beni del convento furono devoluti al clero secolare. Nel corso dell’Ottocento l’immobile passò poi alla Santa Sede, ai Padri Scolopi e infine venne suddiviso in appartamenti, dati in locazione a famiglie di braccianti e operai. Fino all’epoca del Regno Italico, tuttavia la chiesa continuò ad essere officiata. L’intero edificio sacro fu poi frazionato in numerosi vani e, successivamente, chiesa e convento vennero divisi in più proprietà.
Nonostante i numerosi ed arbitrari interventi nel corso dei secoli, il recente recupero dello stabile ha permesso di ripristinarne l’antico splendore. (Struttura non visitabile)
VILLA CASINO ALBANI
Le colline e tutto il territorio di Talacchio erano un tempo punteggiate da residenze gentilizie, che nobilitavano l’immagine della campagna della bassa valle del Foglia.
L’attuale casino Castelbarco Albani rappresenta uno dei pochi esempi ancora superstiti di architettura di villa suburbana ed è frutto di un sostanziale restauro ed ingrandimento, attuati nel XVII secolo per volontà del conte Carlo, che trasformò l’antico casino di caccia di proprietà di suo padre, fratello di papa Clemente XI.
Alla fine del XVII secolo, Orazio Albani volle riqualificare la sua proprietà, edificando una cappella, in onore di Sant’Antonio da Padova, per adempiere ad un voto. A pianta ottagonale, con un sobrio apparato decorativo, l’edificio sacro ha la facciata ad ordine unico, conclusa da un timpano triangolare.
Il piccolo oratorio è molto simile al mausoleo Albani, nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura a Roma, opera di Carlo Fontana; è molto probabile, infatti, che la villa e la cappella, siano opera di Filippo Barigioni, collaboratore di Fontana.
L’ampliamento ed il restauro del casino di caccia, che venne trasformato in villa di villeggiatura, sono stati fortemente riqualificanti, poiché hanno enfatizzato la zona d’ingresso, accentuata dagli assi visuali di collegamento tra il prospetto pubblico e quello privato, attraverso i portali e le finestre dei saloni. Tale soluzione venne ripresa dall’architettura barocca romana e anche il particolare elemento del salone-galleria con le due finestre gemelle, posizionate una di fronte all’altra, caratterizzate dalla triplice apertura ad arco, alludono all’invenzione del Borromini per il Palazzo Pamphili, in Piazza Navona a Roma.
Nel 1944, durante la ritirata tedesca dalla linea gotica, villa casino Albani venne convertita in ospedale, da parte di una brigata canadese. Alla fine della guerra, tornò ai conti Castelbarco Albani attuali proprietari.
Il lungo viale di accesso alla villa, bordato da lecci, termina nel grande ed arioso parco, ricco di piante secolari. Oltre alla villa e alla cappella privata, sono presenti anche, un casotto di guarnigione del XVIII secolo, le stalle e il magazzino del tabacco (uno spazio che, nel ‘900, custodiva le foglie, raccolte nelle campagne circostanti e lasciate asciugare sotto il soffitto a capriate lignee dell’edificio, prima di essere trasferite negli essiccatoi). (Strutture non visitabili)
PALAZZO DELLA MINIERA (via Miniera):
Il Palazzo della Miniera era la sede degli uffici amministrativi dell’Ottocentesca miniera di zolfo. La struttura, orlata da querce secolari e incorniciata da elementi diffusi di paesaggio agricolo, è costituita da una casa-torre centrale, a mo’ di mastio, a tre piani, addossata ad un palazzo signorile isolato, costruito quasi certamente da una famiglia facoltosa. (Struttura non visitabile)