Lungo la strada maestra che collega Pesaro e Urbino, si trovano le zone pianeggianti delle valli del Foglia e dell’Apsa, costituite dalle aree più urbanizzate e vitali della Città di Vallefoglia. Montecchio, Bottega, Cappone e Morciola, sono paesi situati lungo le strade principali, ma che riservano grandi sorprese: nascoste lungo la pianura, tra gli edifici di più moderna costruzione, è possibile trovare chiese rurali, mulini e i ruderi di un antico ponte, testimonianze di un’importante storia passata.
MONTECCHIO
Arrivando da Pesaro, la prima realtà urbana di Vallefoglia è Montecchio. Il paese vanta un’antichissima origine, legata al suo castello e alle sue chiese scomparse, delle quali resta memoria in alcune opere, conservate presso l’attuale parrocchiale di Santa Maria Assunta. La zona sud del paese, denominata l’Arena, è caratterizzata da un importante polo produttivo, situato tra gli abitati di Montecchio di Vallefoglia e Montelabbate; tra gli insediamenti industriali è celato il piccolo oratorio della Madonna dell’Arena (1711), a pianta ottagonale ed interamente decorato ad affresco. Nelle immediate vicinanze c’è la piccola cappella privata di Maria Santissima della Misericordia, risalente alla metà del XX secolo.
La polla di San Terenzio, una sorgente di acqua sulfurea nei pressi della quale, secondo la tradizione, tra il 247-255 D.C. venne martirizzato il santo patrono della città di Pesaro, è a poca distanza della vicina ed importante abbazia di San Tommaso in Foglia (nel comune di Montelabbate), all’interno di una proprietà privata.
BOTTEGA, CAPPONE E MORCIOLA
Proseguendo in direzione Urbino, lungo la pianura della vallata dell’Apsa, si trovano i piccoli paesi di Cappone (il cui toponimo deriva dal latino cauponae, cioè luogo di ristoro, ostello) e Bottega (il cui nome si riferisce ad un antico emporio) situati lungo la strada maestra che collega Pesaro e Urbino, i quali anticamente offrivano ristoro ai viandanti.
Attraversando la lussureggiante campagna, in località Bottega, costituita da orti, alberi da frutto ed antiche case rurali, tra la vegetazione affiora il rudere dell’arcata di un ponte settecentesco, probabilmente distrutto dalle numerose piene del fiume Foglia, designato dalla popolazione locale con l’appellativo di Pontaccio.
Nella zona industriale di Morciola, ma immerso nella verde pianura dell’Apsa, si trova il mulino Ruggeri (risalente all’inizio del ‘900), ora adibito ad uso residenziale, che conserva al suo interno le grotte e gli apparati molitori originali.
Lungo la strada che da Morciola conduce a Colbordolo, su una piccola collina, sorge la chiesa convento di Santa Maria. D’impianto romanico-gotico, l’edificio sacro fu probabilmente costruito su un sito romano, durante la prima cristianizzazione dell’area in epoca medievale, il cui tempio venne dedicato alla dea Murtia, epiteto di Venere e divinità dei campi e delle messi. L’antica chiesa si trova forse in prossimità di un’importante fattoria di epoca romana, come testimoniano i numerosi reperti archeologici, rinvenuti anche nella vicina e moderna villa residenziale e nel campo antistante ad essa (monete, materiali edilizi, ceramiche ed una horrea di notevoli dimensioni: un magazzino usato in epoca romana, per la conservazione di derrate alimentari). Nell’area in cui sorge il santuario sono stati scoperti, inoltre, un sepolcreto ed un’iscrizione funeraria di epoca augustea, riferibile ad un militare, posti in relazione con le assegnazioni di terre che venivano donate ai veterani.
Appartenente ai Padri Gesuati, l’edifico sacro rivestì una notevole importanza, anche per le opere che erano collocate al suo interno, in parte conservate presso la sottostante chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunziata (come il frammento di un affresco trecentesco di scuola riminese e una lunetta dipinta su tavola della prima metà del ‘400 attribuita alla scuola di Giovanni Santi).
La splendida tela della Beata Vergine con Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano, opera della scuola di Gerolamo Genga della prima metà del XV secolo è attualmente visibile nel museo Albani di Urbino, mentre presso l’Ateneo della città ducale è conservata una “Deposizione” su tavola, del XV sec. e parte di una pittura murale, rappresentante un santo martire, datata 1521, opera certa di Timoteo Viti, il quale affrescò le pareti della chiesa in vari tempi.