Il territorio di Vallefoglia, situato a metà strada tra il mare di Pesaro e la città d’arte di Urbino, offre una notevole ricchezza di testimonianze storico-artistiche, racchiuse nei suoi antichi “borghi”, un tempo castelli, arroccati sulle colline, donando al visitatore attento uno spaccato di vita rurale che da sempre le caratterizza.
SANT’ANGELO IN LIZZOLA, dagli Sforza ai Mamiani…una storia di casate illustri
Sant’Angelo in Lizzola nacque dall’unione del castello di Monte Sant’Angelo, con quello di Liciola, da cui Lizzola, nome degli antichi feudatari del luogo; divenne poi dominio degli Sforza, Signori di Pesaro, dei Della Rovere e poi venne data in feudo dall’ultimo duca di Urbino a Giulio Cesare Mamiani, suo gentiluomo di corte, la cui dinastia detenne qui il potere dal 1584 al 1816. Di notevole interesse è la porta urbica, che introduce all’antico abitato fortificato, con il Palazzo Mamiani che domina la piccola piazza, fiancheggiato dalla torre civica: edifici che non vennero risparmiati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, ma dei quali restano originali le fondamenta. La vicina chiesa collegiata di San Michele Arcangelo (XVIII sec.) conserva pregevoli copie di opere del Reni e del Correggio; il giro di mura sforzesche, dotato di baluardi, regala splendidi panorami nelle vallate circostanti. Fuori dal castello, nella parte terminale del borgo, campeggia la chiesa abbaziale di Sant’Egidio autentico scrigno di architettura barocca, che custodisce un’importante quadreria di opere di Giovanni Venanzi.
Attraverso un’antica mulattiera, orlata da platani, roverelle e sambuchi, si raggiunge la Vecchia fonte, suggestiva architettura di metà Ottocento, che in estate funge da quinta scenografica per spettacoli ed eventi culturali. Fuori dall’abitato di Sant’Angelo, in direzione Montecchio, in località Trebbio, si trova Villa Carelli, dimora signorile di fine ‘700. Sulla collina adiacente, dove c’è il cimitero di Sant’Angelo, sorge la piccola chiesa della Madonna di Monte Calvello (XVII sec.).
COLBORDOLO, il “piccolo borgo sul colle”
Nell’altro versante di Vallefoglia, su un colle che sovrasta la vallata del Foglia e quella dell’Apsa, appollaiato su un poggio c’è Colbordolo, il “piccolo borgo sul colle”, la cui posizione strategica lo rese ambito dai Montefeltro e dai Malatesta e che nel 1446 subì l’attacco e l’incendio da parte di questi ultimi. Fortemente lesionato dai bombardamenti del 1944, conserva ancora parte della cinta di mura originale, mentre in posizione decentrata si trova la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista (ricostruita negli anni Venti). Percorrendo la ripida salita che congiunge il piano vallivo alla vetta del colle in cui si sorgeva la rocca, predomina la torre con l’orologio, simbolo di Colbordolo.
Il Centro di documentazione “Giovanni Santi”, situato nei pressi del municipio, espone al suo interno riproduzioni fotografiche e dettagli delle opere del Santi, padre di Raffaello Sanzio, seguendo un itinerario che ricostruisce la cultura della corte di Urbino nel ‘400. Il centro rappresenta, inoltre, il punto nevralgico in cui si snoda l’itinerario del Parco delle Muse e delle Ninfe.
Appena fuori dal borgo, in direzione Montefabbri, c’è il piccolo Oratorio della Madonna del Monte (seconda metà 1800); mentre alle pendici del monte di Colbordolo si scorgono i resti dell’antico acquedotto, che alimentava anche la fonte ed il lavatoio del paese.
TALACCHIO
Scendendo lungo il versante nord del colle dove si trova Colbordolo, si raggiunge Talacchio, anch’esso fortilizio di antica origine e che, come gli altri castelli vicini, nel 1446 subì l’assedio del Malatesta. Lungo l’arteria principale si affacciano una casa torre colombaia (antica proprietà della famiglia Lazzari, il cui interno è in parte affrescato) e la parrocchiale di San Michele Arcangelo (inizi XIX sec.), costruita in luogo dell’antica chiesa medievale. Nei pressi del paese di Talacchio, immerso in un incantevole paesaggio collinare, sorge il Convento dei Girolamini (XV sec.), recentemente restaurato ed ora adibito ad uso residenziale.
Nel fondovalle resta una delle numerose residenze gentilizie, che un tempo erano disseminate nel contado della bassa valle del Foglia: il Casino Albani, che nel Seicento era una dimora signorile di campagna, utilizzata in occasione delle partite di caccia della famiglia di papa Clemente XI, nell’800 divenne villa di villeggiatura. Annessa alla residenza, si segnalano la cappella di Sant’Antonio (XVII sec.) ed altri edifici, tra cui il magazzino del tabacco, le stalle e, all’interno delle vaste proprietà degli Albani, il mulino Renicci, la cui parte originaria risale al 1400.
Nel territorio talacchiese, percorrendo una strada bianca che scende fino alla provinciale, c’è la vecchia miniera di zolfo (XIX sec.) e l’antico palazzo che ospitava gli uffici amministrativi.
PONTEVECCHIO
In località Pontevecchio è possibile visitare l’antico mulino (seconda metà del XVI sec.) e quel che resta dell’imponente architettura in stile vitruviano del ponte. All’interno dell’opificio, che conserva in buona parte le strutture originarie, è esposta permanentemente una collezione privata di oggetti, fotografie e utensili della fine dell’Ottocento e d’inizi Novecento, relativi alla civiltà contadina.
MONTEFABBRI, uno dei Borghi più belli d’Italia
Sulla collina sopra a Pontevecchio, svetta solitario lungo l’antica strada maestra che collega Pesaro a Urbino, Montefabbri, censito tra i luoghi del cuore FAI e che dal 2006 è nella lista dei borghi più belli d’Italia. Il castello rappresentò per secoli un avamposto strategico per la città ducale e prese il nome dalla famiglia Fabbri, suoi primi feudatari.
L’ultimo duca di Urbino concesse la roccaforte in feudo al grande architetto civile e militare Francesco Paciotti (1521-1591), il cui stemma campeggia nella parte interna dell’imponente porta urbica. La dinastia Paciotti detenne il potere sul castello di Montefabbri fino al 1744. Subito dopo l’unità d’Italia, il paese divenne, suo malgrado, covo di briganti, appartenenti alla banda di Terenzio Grossi.
Rimasta miracolosamente intatta dalla Seconda Guerra Mondiale, Montefabbri conserva l’originario assetto viario, con le caratteristiche abitazioni medievali e il giro di mura che circondano l’abitato. L’antica Pieve di San Gaudenzio, attorno alla quale sorse il castello, conserva numerose tele di scuola baroccesca e mirabili paliotti in scagliola (decorazioni in stucco), più antichi nelle Marche.